Prima giornata del Seminario estivo di Symbola a Treia, che segue gli appuntamenti del Festivale della Soft Economy che si sono tenuti durante la settimana. “Accadde domani. Dai talenti dell’Italia le sfide del futuro” è il tema del seminario. In mattinata si è discusso di coesione e competizione, elementi indispensabili per accettare le sfide di un mondo che cambia, senza perdere la propria anima. È la missione dell’Italia. Perché si compia bisogna guardare il Paese negli occhi, senza illusioni né pregiudizi. Il futuro può portare una nuova economia a misura d’uomo, più forte e gentile, che offre formidabili occasioni alle imprese, ai territori, alle comunità. Un antidoto contro i mali antichi del Paese. C’è un’Italia che quel futuro lo conosce già: ha l’economia circolare nei cromosomi, sposa tradizione e innovazione, conoscenza, qualità, bellezza e green economy. Un Paese di cui essere consapevoli e orgogliosi, che può essere protagonista del cambiamento che ci aspetta.
Dopo il saluto del sindaco di Treia Franco Capponi e le introduzioni di Ermete Realacci, Presidente della Fondazione Symbola, e di Fabio Renzi, segretario generale di Symbola, sono intervenuti, tra gli altri, Cesare Fumagalli di Confartigianato, Monsignor Nazzareno Marconi Vescovo di Macerata, l’imprenditrice Orietta Varnelli, Nando Pagnoncelli di Ipsos, Sergio Silvestrini della CNA. A concludere la sessione Valeria Fedeli, vicepresidente del Senato.
Nel pomeriggio, la sessione ha riguardato “Una nuova società per una nuova economia”, dove si sono confrontati operatori economici, studiosi, giornalisti e politici. A chiudere la giornata, l’intervento-spettacolo di Alessandro Bergonzoni.
Dal dibattito emerge che c’è un’Italia che resiste e sa essere innovativa, creativa, solidale, collaborativa, vocata alla qualità e alla bellezza. In poche parole resiliente, giusta e competitiva, nonostante la ripresa fatichi a decollare. È l’Italia della coesione, quella che vede le aziende camminare con le comunità, coinvolgere i cittadini e i consumatori, valorizzare e sostenere i lavoratori, relazionarsi alle energie dei territori.
Proprio le imprese ‘coesive’ – quelle cioè che intrattengono relazioni con le altre imprese, le comunità, le istituzioni, i consumatori, il terzo settore – hanno una marcia in più che permette loro di andare lontano. Tanto che le nostre imprese ‘coesive’ hanno registrato nel 2015 aumenti del fatturato, rispetto al 2014, nel 47% dei casi, mentre fra le imprese “non coesive” tale quota si ferma al 38%. Dimostrando una migliore dinamicità anche sul fronte dell’occupazione: il 10 % delle imprese coesive ha dichiarato assunzioni nel 2015, contro il 6% delle altre. Idem dicasi per le esportazioni: le imprese coesive hanno ordinativi esteri in aumento nel 50% dei casi, a fronte del 39% delle non coesive, e sono maggiormente presenti sui mercati internazionali (il 76% di esse sono esportatrici contro il 68% delle non coesive).
Sempre le realtà attente alla coesione sono quelle che hanno nel dna una considerazione maggiore di valori come l’ambiente (investono infatti in prodotti e tecnologie green il 53% delle imprese coesive contro il 38% delle non coesive), la creazione di occupazione e di benessere economico e sociale, gli investimenti in qualità (l’81% delle imprese coesive ha fatto social investment nel 2015 contro il 76% delle altre).
Tutte queste realtà danno corpo e sostanza a quell’Italia che, sfidando tutti i pronostici, è protagonista europea nell’economia circolare, nella green economy e nella riduzione delle emissioni climalteranti, con primati nel surplus manifatturiero (una delle sole 5 nazioni al mondo con un surplus sopra i 100 miliardi di dollari). E’ quanto emerge dal rapporto “Coesione è Competizione – Le nuove geografie della produzione del valore in Italia” realizzato da Fondazione Symbola e Unioncamere in partnership con Consorzio Aaster e Aiccon e con il sostegno di Enel e Comieco, presentato oggi in apertura del Seminario Estivo di Symbola. Un lavoro che coglie e rappresenta i fattori strategici per la nostra competitività, che si collocano su lunghezze d’onda che gli indicatori economici più diffusi non percepiscono.
“Quando l’Italia scommette sui suoi talenti e sulle comunità, quando investe sulla qualità, l’innovazione e la bellezza – commenta il presidente della Fondazione Symbola, Ermete Realacci – allora ce la fa e spesso vince nel mondo. Una scommessa ancora più valida dopo la Brexit. C’è infatti un Paese che combatte, resiste e compete grazie ad una combinazione unica di memoria del passato e voglia del futuro, di competitività e coesione sociale, di resilienza che è fatta di legami territoriali e beni comuni, di equità e giustizia sociale, di collaborazione, solidarietà e innovazione. Un’Italia che, a partire dal prossimo anno, può avvantaggiarsi dall’obbligo di redigere il bilancio sociale e ambientale per le imprese sopra i 500 addetti fissato dall’UE. Un Paese ricco di saper fare artigiano che abbraccia ricerca, cultura, bellezza e raccoglie le sfide del web e delle nuove tecnologie. Un’Italia che fa l’Italia senza lasciare indietro nessuno e anzi trovando nuova forza nel viaggiare uniti, nel tenere insieme le diversità. Un’Italia dall’economia più a misura d’uomo, più vicina all’economia di cui parla Papa Francesco”.
“La crescente sensibilità del cittadino ai temi della tutela della sostenibilità in tutte le sue sfaccettature sta progressivamente modificando il modo di fare impresa”, sottolinea il presidente di Unioncamere, Ivan Lo Bello. “Le aziende, infatti, sono sempre più consapevoli del fatto che una quota importante del successo dei propri prodotti e servizi si gioca oggi anche su aspetti non meramente economici ma valoriali. La forza dell’Italia è nella qualità di un’offerta altamente specializzata. Si articola in filiere e distretti e si fonda su un tessuto di piccole imprese che ‘si alleano’ per affrontare i mercati. E’ una Italia in cui dobbiamo continuare a credere, fornendole gli strumenti per misurarsi con il mondo: semplificazione, digitalizzazione, formazione del capitale umano. Obiettivi strategici per il futuro del nostro Paese, che le Camere di commercio vogliono contribuire a raggiungere”.
Come le imprese anche i territori possono essere coesivi, cioè caratterizzati dalla presenza di legami e relazioni solide e profonde tra le loro diverse componenti: comunità, imprese, istituzioni, soggetti più deboli. Dove tutti questi rapporti contribuiscono a migliorare e rafforzare la qualità della vita. Ebbene le Regioni più coesive, quelle con una maggiore attenzione al lavoro e alla legalità, con maggiore presenza del non profit e maggiore livello di relazionalità delle imprese, sono in ordine Trentino Alto Adige (137,4 sulla media dell’Italia uguale a 100), Lombardia (114,5), Veneto (113,5), Toscana (109,4), Friuli Venezia Giulia (108,5). Territori in cui la coesione sociale è superiore al livello medio nazionale, così come sono maggiori della media nazionale il livello di raccolta differenziata, la propensione al voto e l’integrazione socio-economica degli stranieri (misurata nel rapporto tra occupati stranieri e cittadini italiani). Le regioni più coesive sono anche quelle in cui la ricchezza misurata in Pil procapite e reddito disponibile delle famiglie è maggiore e meglio distribuita. Considerando il reddito disponibile della famiglie, ad esempio, fatto 100 il valore medio nazionale le regioni che hanno le migliori performance sono Trentino Alto Adige (129,8), Emilia Romagna (125,5), Lombardia (124,3) Valle d’Aosta (123,4) e Friuli Venezia Giulia (120,7). Di questo bisogna ricordarsi anche quando si propongono soluzioni economiche per il Sud Italia.
Le imprese che vivono in questi territori e che questo rapporto racconta hanno capito che la coesione conviene, che il fatturato dipende sempre più anche da fattori non strettamente economici, come il rispetto dell’ambiente, i diritti dei lavoratori, la valorizzazione delle risorse umane, il sostegno alle comunità, le dinamiche partecipate, la promozione culturale e dei territori. Socialità e sviluppo sono correlate e incorporate in una nuova generazione di imprese (ibride), che hanno nel proprio DNA un forte rapporto con il territorio e un orientamento verso la generazione d’impatto sociale. Tutti elementi che queste realtà gestiscono come fattori produttivi, perché sanno che conviene prestare attenzione anche a questi elementi. Una frontiera allargata della responsabilità sociale di impresa.
Fronte avanzato in cui questo è un anno da primato. I dati 2016 sulla responsabilità sociale d’impresa sono quelli più elevati percentualmente degli ultimi 15 anni: l’80% delle aziende italiane con oltre 80/100 dipendenti dichiara di impegnarsi in iniziative di RSI, per un investimento globale che ha raggiunto la cifra record di 1 miliardo e 122 milioni di euro nel 2015. E proprio la responsabilità sociale di impresa riceverà presto una nuova spinta dall’Europa con la direttiva che prevede l’obbligo a partire del 2017 di redigere il bilancio sociale e ambientale per le imprese con più di 500 occupati e anche dalle norme introdotte con la legge di Stabilità. Ma soprattutto un nuovo paradigma economico più giusto e inclusivo, che produce anche valore sociale, un antidoto alla disgregazione sociale e alle paure che in Gran Bretagna hanno portato alla Brexit.
Un cammino in cui le imprese vanno verso la società e in cui il terzo settore si ispira al mondo del profit, ad esempio nel fundraising, in una ibridazione reciproca foriera di innovazione nella ricerca della soluzione al problema affrontato. La competitività trova infatti il suo humus anche nell’azione dei volontari, nell’iniziativa dei gruppi territoriali, alimentata anche da misure come il baratto amministrativo, apprezzato, secondo un sondaggio Ipsos, da oltre tre italiani su quattro.
Domani, sabato 9 luglio, la giornata conclusiva dedicata alla missione dell’Italia: dai talenti di oggi alle sfide del futuro, proporrà un dibattito sulle strade da percorrere per rilanciare il paese che vedrà confrontarsi politica, mondo dell’impresa, associazioni, società civile e istituzioni e le cui conclusioni saranno affidate al Presidente di Symbola Ermete Realacci.
Oltre ad Ermete Realacci, Presidente della Fondazione, parteciperanno alla tavola rotonda: il ministro Graziano Delrio, il presidente di Unioncamere Ivan Lo Bello, il presidente di Confindustria Enzo Boccia, l’A.d. Enel Francesco Starace, il presidente della Regione Marche Luca Ceriscioli; Aldo Bonomi, Direttore di Aaster; Rossella Muroni, Presidente Nazionale Legambiente; Maria Letizia Gardoni, Presidente Coldiretti Giovani Impresa e una nutrita schiera di amministratori, imprenditori, rappresentati di associazioni, della società e del mondo della cultura.
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