Pino e Lena si erano incontrati l’estate lungo la strada che in quel post guerra percorrevano i ragazzi maceratesi per andare al mare: sul treno (le mitiche affusolate ex ‘littorine’ sopravvissute al periodo fascista) e in pullman.
Il tremolar della marina in fondo alla ‘Regina’, gli ombrelloni al seguito, l’odore buono della pizza appena sfornata, le aranciate Sanpellegrino nelle bottigliette ad imitare la circolarità del frutto, qualche gelato.
Lena, diminutivo di Maddalena, originaria di Corridonia ma trasferitasi con la famiglia a Macerata, aveva fatto presto ad innamorarsi del Pino, diminutivo di Giuseppe, fisico statuario, viso da bravo ragazzo, che frequentava l’oratorio dei Salesiani e giocava nella Robur.
Così bene da essere notato un giovedì durante il consueto allenamento con la Maceratese, dall’allenatore biancorosso e finire poi nella squadra della città.
E dal Campo dei Pini con l’amico Alberto (Prenna), insieme al quale costituiva una fortissima coppia difensiva, fare il salto in una società di serie A: la Fiorentina.
Lena e Pino per non separarsi o stare troppo lontani per troppo tempo, affrettarono le nozze. Dal 1962 al 1976 sempre a Firenze, dove lui sarebbe diventato un mito di serietà e bravura, e pure campione d’Italia.
L’unico maceratese, a tutt’oggi, scudettato: Giuseppe Brizi. Al cui nome è ora dedicato lo stadio cittadino.
Pino è deceduto il 9 giugno 2022 lasciando un grande vuoto, un immenso rimpianto e il ricordo di cui Lui è stato icona, di una città che fu ‘granne’, orgogliosa, talentuosa, fiera della sua storia e delle sue tradizioni.
Questa Macerata ieri sera ha affollato in ogni posto disponibile pure in piedi, auditorium e … loggione della Biblioteca Mozzi Borgetti celebrando il Brizenbauer italiano (cosi come l’avevano definito i tifosi toscani facendo il verso al grande campione tedesco).
“E pensare che mi era stato detto che per un evento simile gli spazi dell’auditorium potevano prevedersi eccessivi”, si lascia sfuggire con un moto di orgogliosa ancorchè giustificata revanche il figlio Gianluca, che porta avanti con forza ed emozione, ogni volta insopprimibile (come all’intitolazione dell’ex Helvia Recina) la memoria del padre.
Nello score di Pino 374 partite e 2 gol importantissimi nella Viola di cui fu capitano.
Un’intera ed intensa carriera che lo vide in azzurro vincere l’oro ai Giochi del Mediterraneo. Giocare a Firenze e non a Milano o Torino penalizzò ingiustamente un possibile percorso in nazionale di un difensore esaltato dal Principe dei critici del Pallone, lo scrittore Gianni Brera.
Brizi non se ne crucciò più di tanto: viveva i suoi anni di gloria nella Patria di Dante nelle gioie della sua vita familiare.
“Ma quando a sorpresa la società lo svincolò al termine del campionato 1975/1976 mio padre ci rimase malissimo, non se l’aspettava da parte della Fiorentina cui aveva dato tanto”, ha testimoniato Gianluca Brizi nel docufilm che ‘La Nazione’ (il maggiore quotidiano toscano) ha dedicato al padre.
In cui appaiono le testimonianze di Giancarlo Antognoni, Moreno Roggi (per il celebre, esplosivo difensore, Pino è stato sempre l’esempio da seguire), Luciano Chiarugi, Claudio Merlo, Giovanni Pagliari e fra altri ancora (comprese due maceratesi tifose viola in onore di Brizi) Massimo Cervelli, vice presidente del Museo della Fiorentina.
“Lasciare Firenze fu uno choc anche per me – ha raccontato Maddalena Cardinali Brizi –. Allo stadio per 14 anni avevo solo sentito dir bene di mio marito … inoltre mi ero abituata così bene alla città. Che nonostante fosse tanto più grande di Macerata, era molto più agevole da percorrere in auto!”
Per Pino, tornato a casa, ancora un anno da giocatore in maglia biancorossa, infine una bella carriera da allenatore anche alla guida di altre squadre marchigiane fra cui la Fermana.
Ieri sera il tributo commosso di ‘Macerata granne’ venuta a rendere omaggio. insieme con l’assessore Riccardo Sacchi e ai vecchi campioni biancorossi (con l’indimenticabile ex ds della ‘grande’ Maceratese, Giancarlo Nascimbeni) con cena memorial finale.
PS – E mi ricordo ancora: le cene di Pino Brizi al ‘Tarantino’ dell’amico Pino Ferretti, campione anch’egli di calcio e di vita con memorabile autoscatto finale a cura del fotoreporter Pietro ‘Briscoletta’ Baldoni a riprendere tre ‘eroi’ maceratesi dallo sguardo sereno e forte.
Ancora: il ricordo dei miei zii Patrassi supporters del campione ‘di casa’, i quali facevano tappa obbligatoria a casa dei miei a Perugia nel tragitto domenicale Macerata-Firenze.
Per ultimo, un tuffo al cuore nel leggere nei titoli di coda del docufilm de ‘La Nazione’ il nome di Roberto Germogli, il fotoreporter cui si devono tante immagini di Pino, protagonista al ‘Franchi’, cui è legata la memoria dei primi miei anni come giovanissimo cronista dello storico giornale di Firenze.
Maurizio Verdenelli
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