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Macerata, al Festival “de Sidera” si parla di “Pronto, è il bar!”

Macerata, al Festival “de Sidera” si parla di “Pronto, è il bar!”
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Mercoledì 22 novembre, ore 21.15 al Cafè Basquiat (già Venanzetti) di Macerata, secondo appuntamento con il Festival “de Sidera”, a cura di Filippo Davoli e Guido Garufi, organizzato in sinergia dagli assessorati alle Politiche giovanili e agli Eventi del Comune di Macerata.

Una serata particolare per parlare di “Pronto, è il bar!”, il libro di Alessandro Savi e Luca Pucci, edito da Affinità Elettive con prefazione di Guido Garufi, ormai divenuto un best seller che parla dei bar maceratesi.

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Alessandro Savi e Luca Pucci

Alessandro Savi e Luca Pucci che in queste pagine brillanti si addentrano in quel grande Ministero degli interni che sono i bar, i bar universali, i bar di tutto il mondo ma ora sono i nostri bar di Macerata.

I due, come segugi, si sono trasformati in due grandi indagatori dell’anima, della psicologia, della antropologia, dei “clienti”.

L’occhiata sul e dentro il bar diventa lettura del mondo, metafora viva della nostra esistenza, della società con le sue caricature, i tipi, le fobie, le ossessioni degli uomini che vi sono “accampati”.

Macerata

Ne risulta davvero una grande commedia umana, una galleria di soggetti che potrebbero apparire degli alieni, o “strani” o “stravaganti” e che invece sono tra noi, ogni giorno (oltre l’eventuale bevuta…).

Lo stile è limpido, accattivante, preciso, quasi da testo per film, una sequenza, Luca ed Alessandro hanno esplorato questi luoghi ameni per molto tempo, con tanti amici, con tanti interlocutori, con tante risse e tante conversazioni, con tanta frenesia e anche con tanto sport, tanto tanto sport.

Il bar è allora anche un poco, per così dire, un ambulatorio-confessionale: i dubbi, i nodi, le incertezze che ci portiamo dentro trovano uno scopo, uno sfogo, una possibilità di attenuazione dell’ansia e dell’eventuale malinconia che ci portiamo addosso.

Bar come farmaco o terapia, al contrario del nostro mondo che obbliga alla distanza e agli amori telefonati, alle sole immagini, alla fretta e alla velocità, alla mancanza di corpo e di tatto. E questo non è davvero poco.

Questo lavoro dei due autori invita, allora, nel film interiore che è il bar, a guardarsi meglio “dentro” e, anche, a suggerire che è giunta l’ora di essere più liberi e spontanei e meno politicamente corretti. Una liberazione.

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