Dal mare in tempesta dei social network, dove il buono e l’orrido degli umori umani si mischiano senza fondersi, emerge una lettera d’amore per Macerata, città in questi giorni al centro dell’attenzione mediatica per la morte di Pamela Mastropietro e il nazisparatore.
L.M. è una donna che conosce il problema dell’immigrazione, è una giovane insegnante e di fronte alla situazione critica che si è creata propone una sua ricetta, lanciata dal suo profilo facebook. Le foto sono tratte dal Carnevale Maceratese.
Cara Macerata,
hai vissuto giorni bui. Sei stata sbattuta sulle prime pagine di cronaca nazionale e internazionale e, diciamocelo, a tutto questo clamore non ci sei proprio abituata.
Quello che è stato fatto a Pamela è stato feroce, bestiale e inumano.
Il gesto di sabato, invece, è stato un atto da codardi. Pensare di vendicarsi, condannando una comunità intera, e non solo, e mettendo sotto scacco una città e i suoi cittadini, già storditi da tanta violenza, è stato un vero atto di terrorismo.
Mi hanno chiamata in tanti, conoscenti e amici lontani, per chiedere e sapere cosa stava succedendo alla “mia” Macerata.
Esatto, perché chi mi conosce sa che vivo quotidianamente a contatto con ciò che tanto spaventa, che a Macerata ho amici di parecchi tipi di sfumature di colore, che frequento Macerata e che a Macerata lavoro.
In questi giorni ho visto cittadini italiani incrociare cittadini stranieri poi irrigidirsi e guardarsi alle spalle con sospetto e ho visto persone “di colore” camminare a testa bassa e sussultare ogni qualvolta venivano affiancate da auto che non viaggiavano ad andamento regolare.
Io personalmente ho sofferto, faticato a prendere sonno e parlando di questi fatti mi sono sentita offesa, arrabbiata, delusa e amareggiata.
Mi piacerebbe condividere con te, cara “mia città” la mia ricetta personale, per cercare di alleviare e guarire il male e il dolore di questi giorni.
1. Che lo Stato e le associazioni e cooperative che si occupano di accoglienza possano offrire alle persone che scelgono di venire nel nostro Paese una possibilità concreta di integrazione lavorativa e sociale e che si impegnino a individuare, segnalare, condannare e rimpatriare coloro che decidono di non rispettare le leggi del Paese che apre loro le porte.
2. Che i cittadini autoctoni cerchino, nel loro quotidiano, di aprirsi al “diverso”.
Quando accompagniamo i nostri figli a scuola o ai giardini avviciniamoci ai genitori di origine straniera, gli stessi che vediamo tutti i giorni ma spesso evitiamo, con un semplice sorriso e dicendo loro un altrettanto semplice “Ciao, come va?”.
Quando incontriamo chi mendica (ah! Come li odiamo…), non doniamo soldi (se proprio non ce la sentiamo), ma offriamo uno sguardo, un saluto e un sorriso.
3. E infine, che i cittadini di origine straniera allarghino le loro amicizie, aprano le porte dei loro luoghi di culto e che coinvolgano più persone possibili negli eventi organizzati dalle loro associazioni culturali di riferimento.
Cara Macerata, le foto ricordano un momento felice vissuto con te. Un Carnevale di qualche anno fa, l’entusiasmo, un’idea che abbiamo sviluppato in poco tempo, che abbiamo concretizzato con i pochi e poveri mezzi che avevamo, ma che è stata accolta e apprezzata da organizzatori e spettatori. E quel riconoscimento, che non era poi niente di speciale, per noi significava tanto perché eravamo riusciti a trasmettere qualcosa: che per quante differenze ci dividono sono sempre di più e più importanti le cose che abbiamo in comune.
Non so se ricordi. Qualche anno fa le finestre di molte case erano addobbate, a sostegno di una buona causa, da bandiere color arcobaleno con scritto PACE. I giovanissimi non le ricordano nemmeno, molti di noi (me compresa) non sanno neanche dove le hanno riposte. Sarebbe bello spolverarle, appenderle alle nostre finestre, ai nostri balconi, perché come canta un famoso gruppo locale: SE NON ORA, QUANDO? SE NON QUI, DOVE? SE NON IO, SE NON TU, CHI?
E allora, cara Macerata, ti auguro di riuscire presto a scrollarti di dosso il sangue e la violenza di questi giorni e che tu possa essere di nuovo il tranquillo paese di collina che tutti conosciamo, che tu possa tornare ad essere semplicemente quello che sei: “Macerata, Città della Pace”.
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