Storie di persone, storie vere, immagini della vita reale in Cina: sono quelle raccontate dal giornalista Paolo Longo, corrispondente e volto noto della Rai, attraverso la sua mostra fotografica “Il sentiero cinese. La vita in Cina al tempo del boom economico”, inaugurata a Macerata e organizzata dall’Istituto Confucio dell’Università. “Longo è uno dei giornalisti inviati in Cina che ha meglio ha saputo raccontare questo Paese tanto complesso” è il commento del direttore dell’Istituto Giorgio Trentin.
Le 42 foto esposte, una selezione di quelle scattate dal cronista in oltre un decennio di attività come inviato Rai per l’estremo oriente, parlano di una Cina, nella quale il racconto della collettività si stempera in un miliardo di storie individuali, di vittorie e di sconfitte, di ricchezza e di povertà, di scoperte, di battaglie, di rifiuti, di proteste, ma sempre storie di individui alle prese con un nuovo sentiero che si andava aprendo. Sarà possibile visitare la mostra, a ingresso libero, fino al 5 giugno nella galleria dell’Accademia di Belle Arti (Gabamc) in piazza Vittorio Veneto, dal lunedì al venerdì dalle 11 alle 13 e dalle 16 alle 20, il sabato e la domenica dalle 16 alle 20.
L’esposizione è un “viaggio del cuore” nella vita quotidiana del popolo cinese al tempo del boom economico e della grande trasformazione economica, sociale e culturale che sta cambiando il mondo. La sequenza delle immagini viaggia da quello che resta della Cina Comunista (Nanjiecun, l’ultimo villaggio comunista) e del mito di Mao, trasformato in icona senza testa o in personaggio da imitare, come Elvis; transita per gli avanzi delle città imperiali, gli hutong di Pechino, la mitica Lijiang dei tetti d’ardesia; si affaccia sulle metropoli avveniristiche tutte proiettate nel ventunesimo secolo, e sui loro abitanti, che del passato ricordano ben poco e guardano all’occidente per trovare una via cinese alla modernità; fonde passato e presente nei giovani della nuova classe media, che si travestono per farsi fotografare come protagonisti dell’antichissima opera cinese, come fanno anche i contadini di un villaggio non lontano da Pechino che passano dai campi al trucco, al palcoscenico.
“Nella scelta finale delle immagini – spiega Longo – ho eliminato tutto quello che faceva ‘cronaca’ e tutto quello che aveva il sapore dell’esotico, dell’Oriente. Ogni fotografia così diventa un racconto che rimanda ad altre storie e ad altri racconti o che vale per sé stesso”.
“Da quando ho scoperto la fotografia, a diciassette anni – prosegue il giornalista -, non ho mai smesso di fotografare. In questi anni ho seguito alcuni grandi modelli, August Sander, William Klein, Dorothea Lange, Cartier Bresson, ho percorso i diversi filoni della fotografia, arte, ritratti, reportage e alla fine ho capito che sempre e comunque volevo raccontare storie, essere un cronista”.
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