L’aveva visto al centro dell’attacco del Legnano subito intuendo che Ilario, quel ragazzo svelto dai capelli rossicci da Vittorio Veneto, avrebbe fatto al caso suo. Che poi era il Perugia. Intuizione, al solito, vincente.
Tuttavia il ‘sor’ Guido non avrebbe mai pensato che la ‘carta Castagner’ avrebbe sbancato il banco del futuro calcistico di una città che aveva già adottato – lo sarebbe stato per sempre – lui stesso, Mazzetti da Bologna che pure il calcio marchigiano, in particolare sambenedettese, con merito ricorda ed onora.
La vicenda nel capoluogo umbro ha inizio nel 1961. Calcio? Si, mai sopra della serie C, però. Ilario da Vittorio Veneto (a Fabriano conobbi anni fa un suo cugino celebre produttore di grappa, unica a 36 gradi) piacque subito al tifoso perugino, per tradizione distaccato e snob. Gol in buon numero, anzi ottimo, griffati dal ragazzo che veniva dalla città-simbolo della prima guerra mondiale. Simbolo vittorioso. In tre campionati, 84 partite: 33 reti.
Ricordo che noi studenti, il lunedì mattina, ci si interessava più allo score del n.9 dei Grifoni, che quasi al risultato finale: “Si, va be’, ma Castagner ha segnato?”. E al terzo campionato, l’obiettivo fu raggiunto. Capo cannoniere con 17 gol.
Tre anni dopo, la lunga sfida con la Maceratese avrebbero fatto dimenticare l’epopea del ragazzo veneto. Che piaciuto a mister Corrado Viciani (il profeta ternano del ‘gioco corto’) era tornato al Nord per esserne il vice a Bergamo. E all’Atalanta era restato allenatore delle Giovanili.
E qui, nel nome dell’antica amicizia, a margine di una Atalanta-Perugia, negli spogliatoi aveva incrociato l’inviato del ‘Messaggero’, Lanfranco Ponziani. Erano i primi anni 70 (forse l’inizio del 74). Lanfranco, mio compagno di scuola al Liceo Classico ‘Mariotti’, stessa sezione D, lui due anni davanti, aveva generosità e qualità del talent scout. Nel 73 mi aveva convinto a lasciare ‘La Nazione’ fiorentina per il giornale romano. L’anno dopo fu artefice, con Silvano Ramaccioni, dell’arrivo al Perugia di Castagner. Che, quella volta negli spogliatoi bergamaschi, gli aveva confidato il suo credo calcistico. In pratica il New Deal del ‘Perugia dei miracoli’ che la nobile storia del Grifo ci tramanda.
Fu un lungo percorso, tuttavia: una faticosa tela di ragno intessuta da Silvano&Lanfranco. Fu una serata di domenica che finalmente giunse a conclusione. Ponziani scese con me le scale del palazzo che allora ospitava la redazione capitolina in corso Vannucci. Da piazza IV Novembre, dalla semi-oscurità, ecco avvicinarsi lentamente l’auto sportiva di Ramaccioni. Poi fermarsi alla nostra altezza, in corrispondenza dell’Hotel Posta. Lanfranco gli si avvicinò. Poche parole. “E’ fatta!”. Da Bergamo il dirigente recava la lieta novella e il contratto di ‘mister’ Ilario.
Una leggenda che iniziò subito. Cui contribuì il maceratese di Potenza Picena, Nello Malizia, che blindò fino all’82 la porta dei Grifoni. All’inizio come ‘secondo’ di Marconcini, poi titolare fisso.
Sul ‘Messaggero’, pagina sportiva provinciale, titolai su 9 colonne ‘Perugia Rischiatutto’, prendendo a prestito il popolare quiz di Mike Bongiorno. Pensavo di aver esagerato in ottimismo. Tanto che Maurizio Barendson, n.1 dei giornalisti Rai, ospite d’onore al carnevale della Festa Biancorossa al Grande Albergo Brufani, gelò Castagner e noi cronisti locali resi allupati dal primo posto in classifica, con un vaticinio da incubo: “Perugia in A? Avete mai visto fare uova da un gallo?!”.
Vaticinio errato. Profondamente. Il gallo, anzi il Grifone depose un gigantesco uovo. Che voleva dire la prima promozione in A. Dove andava non solo…il calcio. Ma tutta la città che per l’eccezionale occasione s’impavesò con i colori del ‘Perugia dei miracoli’. Che poi tre/quattro anni dopo sarebbe stata ‘degli Imbattibili’. Li ho ancora negli occhi a 48 anni di distanza quel bianco, quel rosso del trionfo che ci riempiva i cuori.
I ‘ragazzi del mito’ attorno ad Ilario, diventato perugino per sempre come Mazzetti che suo mentore all’ombra dello stadio Santa Giuliana (che contiene pure la leggenda del calcio Maceratese) si incontravano talvolta nella luce e nella suggestione di una vicenda di una città strappata tout court ad un destino di ‘provinciale’.
Una delle più commosse è stata, alcuni anni, per la presentazione del libro che Guglielmo Mazzetti ha dedicato al suo grande genitore: ‘Il sor Guido Mazzetti’. Fu un pomeriggio commovente, anche perché gli dei del calcio non dimenticano i patres.
Il ‘Perugia dei miracoli’ fece la…pace con l’omologa ‘Maceratese dei miracoli’. Il Santa Giuliana che aveva conosciuto l’onta dell’1-3 davanti a 5mila tifosi ‘pistacoppi’ divenne un po’ lo stadio di quest’ultimi in serie A. Massime per i gran galà con le big a cominciare dalla Juve, seguitissima in terra maceratese.
E non solo poi per Malizia come lo era stato poco prima per Turchetto e Dugini, il ‘Santa Giuliana’. Poi il ‘Renato Curi’ (eroe della nidiata Castagner) fu seconda casa per maceratesi ‘dai piedi buoni’: Pagliari e Morbiducci.
Anche se Ilario se n’era andato la stagione prima. Ma era tornato quando capitan Federico Giunti, allenatore della Maceratese in Lega Pro, legò al suo carisma i destini del Grifone negli anni 90.
Ed è certamente un po’ perugino Giovanni Pagliari, molto vicino a patron Spartaco Ghini. Tante le sue presenze, le reti come calciatore e tre gli anni come allenatore nella prima decade del secondo millennio.
Martedì Perugia si stringerà (nella chiesa di San Giovanni Battista a Ferro di Cavallo) nell’addio a quel suo ragazzo dai capelli rossi venuto dal Nord che (pure per amore di Liliana) non avrebbe mai più lasciato andare.
Maurizio Verdenelli
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