Il Distretto Biologico delle Marche, il più grande d’Europa, conta oltre 2.200 imprese con 4mila agricoltori dislocate su 79mila ettari più altri 19mila in conversione. Sono i numeri presentati sul palco internazionale dell’Expo di Dubai nell’ambito della Settimana delle Marche appena inaugurata.
Nel corso di un Italian Dialog coordinato da Gian Luca Gregori Rettore dell’Università Politecnica delle Marche, sono intervenuti per approfondire il tema Mirco Carloni Vicepresidente della Regione Marche e assessore all’Agricoltura; Giovanni Battista Girolomoni Presidente del Distretto Biologico Marche, Elena Viganò Università degli Studi di Urbino e Roberta Fileni di Fileni Alimentare SpA.
“La creazione del Distretto biologico nelle Marche nel febbraio scorso – ha spiegato Mirco Carloni – è stata una svolta epocale per tutto il settore e vogliamo presentare questa nostra ‘best practice’ al mondo. Il Distretto, al quale hanno aderito anche tutte le associazioni di categoria (CIA, Coldiretti, Copagri, Confagricoltura, Legacoop, Confcooperative, AGCI), ha obiettivi ambiziosi tra i quali l’incremento ulteriore della superficie agricola utile regionale coltivata a biologico, il potenziamento della ricerca e della sperimentazione, la competitività delle coltivazioni puntando ad un modello alimentare e agricolo più sostenibile”.
L’annuale Rapporto “Bio in cifre” di ISMEA-SINAB 2020 conferma il trend in continua crescita di superfici e operatori del biologico in Italia, tra i primi Paesi UE dopo la Spagna e la Francia. Dal 2010 il numero degli operatori è cresciuto del 69%, mentre gli ettari di superficie biologica coltivata hanno superato i 2 milioni di ettari. Il trend di crescita della SAU (Superficie Agricola Utile) coltivata a biologico era del 2% nel biennio 2018-2019 e del 5% nel biennio 2019-2020.
La Regione Marche traina il settore con per numero di imprese in crescita e con una solida filiera con l’attività di trasformazione e vendita, dove in alcuni settori, come quello della pasta e della carne avicola, è leader in Italia.
“Il territorio marchigiano – ha proseguito Carloni – è sempre stato vocato al biologico tanto da essere considerato la culla dell’agricoltura biologica italiana in virtù del fatto che già negli anni ’70, ben prima del primo regolamento comunitario, alcuni agricoltori pionieri, mossi da forti motivazioni politico-culturali, vi praticavano l’agroecologia. Gli stessi dati che abbiamo analizzato a livello nazionale, mostrano per le Marche tassi di crescita ancora maggiori rispetto a quelli nazionali, assestandosi sul 7% di incremento di SAU tra il 2019 e il 2020. Gli agricoltori protagonisti di questo successo hanno superato le 4.000 unità (siamo tra le regioni con la crescita del numero di operatori più alta +28% nel triennio 2018-2020), e nella nostra regione si registrano numeri positivi, sia per quanto riguarda i dati strutturali legati alla produzione che quelli economici legati al mercato”.
In sintesi, la SAU marchigiana gestita con metodo biologico ha superato nel 2020 il 22% della SAU regionale (ben oltre la media nazionale del 18.80%), mentre l’incidenza delle aziende bio è quasi del 10% contro un 6% di dato nazionale.
“Per il futuro – ha detto ancora il vicepresidente – le Marche vogliono scrivere una nuova pagina della storia dell’agricoltura marchigiana. L’agricoltura biologica infatti, attraverso la creazione del Distretto e lo strumento dell’aggregazione di categorie, ha tutte le potenzialità non solo per far viaggiare un brand unico delle Marche, ma soprattutto per dare impulso all’economia locale e mantenere o migliorare la qualità del territorio, nell’ottica della transizione equa e giusta verso un’economia sostenibile e con impatto ambientale zero. La Regione Marche crede fortemente alle potenzialità di questo come traino per molti altri comparti e cerniera di uno sviluppo sostenibile anche a livello turistico-ambientale caratterizzato da un forte brand territoriale che identificherà le Marche come regione Bio per eccellenza, attraverso un incisivo marketing territoriale, una promozione spinta che valorizzi il prodotto in termini di qualità e competitività sui mercati interni ed internazionali”.
“La nostra regione – ha proseguito Giovanni Battista Girolomoni, presidente del Distretto Biologico delle Marche – ha dato vita al più grande distretto biologico d’Europa. Qui all’Expo di Dubai ci presentiamo in anteprima mondiale come un modello unico e diversificato di agricoltura biologica. In uno scenario molto competitivo, il distretto rappresenta uno strumento fondamentale per valorizzare ciò che ci distingue: qualità, sostenibilità e garanzie per chi ci sceglie. Le Marche hanno fatto la storia del biologico in Italia. Gino Girolomoni, mio padre, è stato un pioniere del settore più di 50 anni fa e in molti hanno seguito il suo esempio. Oggi la realtà marchigiana abbraccia dalle grandi aziende agroindustriali alle piccole imprese bio, con un tratto comune: il forte legame con la comunità che ha portato allo sviluppo di un’intera filiera, con completa tracciabilità dal campo alla tavola. Il distretto ci permette oggi di proiettare questa grande storia nel futuro, mettendo a sistema le nostre specificità, dotando le aziende di nuovi strumenti di comunicazione e di marketing e sviluppando progetti integrati che coinvolgano altri comparti, a partire dal turismo e dalla ristorazione”.
“Le Marche – ha aggiunto Gian Luca Gregori – sono caratterizzate da una integrazione tra mare e interno, con 225 Comuni, un’alta qualità di vita e oltre 25mila imprese attive solo nel settore agricolo allargato. La regione, quindi, ha una potenzialità di sviluppo molto consistente. Il distretto biologico, in questo contesto, diventa un fattore di coesione per imprese diverse, creando un collante tra tipologie di attività e consentendo di sviluppare strategie di crescita per intere filiere”.
Sono 10 i principali obiettivi del Distretto: 1. Incrementare la superficie agricola utile (SAU) coltivata a biologico dall’attuale 20%, per consolidare la tradizione del biologico nelle Marche e affermarsi come prima regione Bio in Italia; 2. Potenziare la ricerca, la sperimentazione e la formazione nel settore del biologico per migliorare la qualità e la produttività delle coltivazioni; 3. Fermare il consumo di suolo e in particolare la perdita di suolo agricolo; 4. Tutelare e valorizzare la nostra biodiversità in alternativa agli OGM; 5. Favorire e consolidare le filiere del biologico sia di prodotto che di territorio; 6. Estendere la certificazione del biologico fino alla tavola dei consumatori; 7. Promuovere il consumo dei prodotti biologici nelle mense e nei circuiti commerciali; 8. Rendere il sistema alimentare più sostenibile anche a tutela della salute dei cittadini; 9. Diffondere il metodo di produzione biologica nel settore zootecnico; 10. Promuovere le Marche come regione biologica con una elevata qualità della vita per accrescere la sua attrattività turistica.
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