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Finanza di Porto Recanati svela maxi truffa, coinvolti imprenditori

Finanza di Porto Recanati svela maxi truffa, coinvolti imprenditori
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La Guardia di Finanza della Tenenza di Porto Recanati ha condotto da oltre due anni un’articolata indagine di polizia economico-finanziaria e giudiziaria, coordinata dal Procuratore della Repubblica Giovanni Giorgio, nei confronti di una serie di imprese dislocate anche fuori regione.

Nell’operazione denominata Domino cinese” sono coinvolti 10 imprenditori, 9 cinesi e un italiano, mente della maxi truffa attuata.

In particolare, sono 11 le imprese a vario titolo indagate, operanti nel settore della lavorazione di tomaie, mettendo sotto esame le contabilità aziendali e i conti bancari dei titolari.

Ulteriori riscontri operati sul campo hanno permesso di svelare una serie di condotte illecite, sia di natura fiscale che di carattere penale, poste in essere al fine di consentire agli indagati cospicui vantaggi fiscali.

Ammonta a oltre 10milioni di euro la base imponibile ai fini delle imposte sui redditi complessivamente evasa, mentre l’imposta sul valore aggiunto sottratta è di circa 2,5milioni euro.

Inoltre, le inadempienze in materia di lavoro hanno portato all’individuazione di 55 lavoratori dipendenti irregolari e all’omesso versamento di ritenute per oltre 40mila euro.

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Il sistema di frode individuato dalla Guardia di Finanza consisteva nell’utilizzare partite IVA di imprenditori inconsapevoli, sia italiani che cinesi, per mezzo delle quali fatturare prestazioni per orlature di tomaie, che in realtà erano fornite in nero da altre imprese gestite da cinesi.

In questo modo non veniva di fatto corrisposta l’IVA da parte dell’impresa committente, mentre l’impresa che effettivamente eseguiva i lavori percepiva il corrispettivo della prestazione senza assoggettarlo a tassazione.

Ciò ha consentito a queste ultime imprese di porsi sul mercato in regime di concorrenza sleale, ovvero di poter praticare prezzi altamente competitivi, in posizione di vantaggio rispetto alle altre aziende che operano osservando le regole.

I pagamenti delle prestazioni non fatturate venivano regolati per contanti, con prelevamenti effettuati sui conti bancari di due imprese-filtro, intestati a una persona fisica.

In proposito, sono stati accertati trasferimenti di denaro contante, in violazione alla normativa antiriciclaggio, per circa 800mila euro, che hanno portato alla contestazione di sanzioni amministrative per circa 300mila euro e alla denuncia di una persona per uso improprio dei conti bancari.

Il tutto ruotava intorno a un imprenditore italiano, dominus del sistema di frode, ma a loro volta i soggetti cinesi, al fine di ridurre ulteriormente il loro carico fiscale, hanno utilizzato fatture per operazioni inesistenti emesse da altre imprese, sempre di cinesi,

Pertanto, alle omesse fatturazioni e dichiarazioni delle prestazioni effettuate, si è aggiunta l’autoproduzione di fatture false, quantificate in circa 900mila euro.

Altro fenomeno emerso, decorsi pochi anni dall’inizio delle attività, alcune imprese hanno cessato la partita IVA, omettendo di presentare le prescritte dichiarazioni annuali delle imposte e il titolare si è reso irreperibile sul territorio nazionale, facendo ritorno in Cina.

Nell’ambito dell’inchiesta, i vari Giudici per le Indagini Preliminari del Tribunale di Macerata, chiamati a giudicare, hanno emesso su richiesta del Procuratore della Repubblica ­4 provvedimenti, disponendo complessivamente il sequestro per equivalente di beni fino a concorrenza delle imposte evase per circa 4,2milioni di euro.

La lotta all’evasione fiscale e soprattutto alle grandi frodi costituisce un obiettivo prioritario per la Guardia di Finanza, teso a tutelare non solo le entrate per i bilanci dello Stato e degli Enti locali, ma anche le imprese e i professionisti che operano nella piena e completa osservanza delle leggi.

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