Quella domenica 14 maggio del 2000 la ricordo bene. Chi, peraltro come me perugino con il Grifo nel cuore, può dimenticarla?
Pioveva tantissimo sul ‘Curi’ come quella domenica 30 ottobre del 1977 indimenticabilmente tragica quando se ne andò per non lasciarci più Renato Curi.
Contro il Perugia di Carlo Mazzone giuocava ancora la Juventus su un terreno diventato pesante, difficile, che richiedeva ai 22 uomini tutte le risorse possibili: per i bianconeri la posta in palio, con i 3 punti, era il titolo di campioni d’Italia.
E ricordo ancor meglio la vigilia, il 13 maggio, non solo perchè coincideva col mio 51° compleanno ma perchè fui testimone presago di quella che sarebbe passata il giorno dopo come una delle giornate cult della storia del calcio italiano, soprattutto per la Lazio che nell’occasione conquistò il secondo scudetto.
Le telefonate infuocate di Luciano ‘l’Uragano’ (al secolo Gaucci, presidente del Perugia) erano cominciate quasi subito dopo l’ennesimo ritiro.
‘Lo Spedalicchio’ di Ospedalicchio (a segnalare l’antica esistenza di un lazzaretto/ospedale nella vicina Collestrada dov’era stato curato San Francesco ferito nella battaglia contro i perugini) a Bastia Umbra aveva sostituito la classica location del ‘Posta’ di Norcia, hotel che ospitava di solito la preparazione pre-campionato dei grifoni e pure i non rari momenti non facili che succedevano a partite che Gaucci non riteneva all’altezza della squadra.
“Spesso anche nell’intervallo di una stessa partita, concluso in svantaggio il primo tempo, bastava ricordare i ben noti ‘provvedimenti’ del presidente per vedere i ragazzi tornare in campo con spirito diverso”, ha ricordato qualche anno fa a Macerata, ad Overtime, Serse Cosmi, tra i successori di Mazzone sulla panchina del Grifo.
L’uragano Luciano dalla Capitale, alla vigilia dell’ultima giornata di un campionato squassata da roventi polemiche, cominciò dunque a spirare fortissimo sull’ascolano ‘de Roma’, il sor Carletto. Che da parte sua reggeva fortissimo, tradizionalmente a difesa dei ‘suoi’ ragazzi.
“Se perdiamo con la Juventus, io certo non potrò uscire da casa per 3 mesi qui a Roma, dove la metà tifa per la Lazio ma la squadra in ritiro poi la porto in Cina!”.
Il ‘sor Magara’ si comportò da ‘torre che non crolla’, dichiararono le ‘fonti’ in hotel. Talvolta, è naturale, pure abbozzando.
E considerato che il presidente telefonava pure a pranzo, sembra che poi il mister talvolta si sfogasse lanciando qualche mandarino (o frutta similare) in aria per scaricare la tensione. Naturale.
Intanto la concentrazione e la rabies agonistica dei grifoni innescata dall’uragano Luciano – che col passare dei giorni acquistava sempre più intensità e ‘grado’ – emersero nella preparazione lungo tutta quella ‘settimana di passione’.
Registrato dai numerosi inviati dei giornali a Bastia Umbra, si evidenziò, insieme con il rigore, il talento di un allenatore straordinario: Carlo Mazzone.
Poi il sabato 13 accadde che festeggiai il 51° con l’amico di una vita, Lucio Biagioni (allora capo dell’ufficio stampa della giunta regionale umbra) e altri a casa di Spartaco Ghini, in via dell’Aquila.
Spartaco, presidente del ‘Perugia dei miracoli’ – alla cui corte fu pure Paolo Rossi – arrivò più tardi.
Era stato all’albergo della Juventus, nel ritiro di Foligno. Della società bianconera, Ghini era sincero amico. Ma con amarezza dalla visita, riportò un’impressione estremamente negativa. Che mi confidò sprofondato nella grande poltrona di pelle marrone scuro davanti all’antico camino al centro dell’appartamento che domina la città nel punto più alto di Porta Sole.
Il giorno dopo i grifoni, con un gol di Calori, vinsero meritatamente una partita regolarissima arbitrata dal ‘principe’ dei direttori di gara, Pierluigi Collina.
Il quale, data la situazione contingente (ultima e decisiva partita di un campionato ‘bollente’), decise per un intervallo molto prolungato a causa del meteo.
In questo contesto, si perse di attribuire con giustizia a mister Mazzone l’immenso merito di aver preparato da autentico maestro una squadra di ‘no superstar’. Che sconfisse senza ombre di dubbi la Juventus di Carlo Ancellotti.
Tuttavia e comprensibilmente il sodalizio con Gaucci non ebbe vita lunga: troppo eccezionalmente forti i caratteri dei due protagonisti.
Entrambi, fra tanti strilli e mugugni, rappresentavano in ogni caso un modello vincente non disgiunto da profondo rapporto umano.
Lo disse ai giornalisti ‘a caldo’ lo stesso Mazzone subito dopo l’addio consensuale con Gaucci tra baci e abbracci.
Tra Perugia e Ascoli in auto, al rientro a casa con la moglie (zia dei colleghi Andrea e dell’indimenticabile Bruno Ferretti) Carlo Mazzone dichiarò: “Con il presidente ci siamo stimati e qualche volta pure voluti bene”.
Con lui si chiude ora e per sempre uno scenario che rese popolari e visibili in Italia le fino ad allora semisconosciute Marche sul meraviglioso set ascolano di piazza del Popolo, quando sulla scena apparvero Lui e Costantino Rozzi, al microfono di Tonino Carino da Ascoli.
Grazie, ‘sor Magara’ dal cuore generoso e indomito!
Maurizio Verdenelli
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