Funerali di Stato e lutto nazionale lunedì per Arnaldo Forlani, l’uomo politico più importante ‘prodotto’ dalle Marche nel dopoguerra fino ad oggi.
Entrato in politica ed eletto alla Camera nel giugno del 1958, si era conquistato già da qualche tempo prima fiducia, simpatia e appoggio per la sua prima, vincente campagna elettorale da un altro grande marchigiano: Enrico Mattei, il presidente dell’Eni che la stampa Usa aveva definito il New Caesar, l’Uomo più potente d’Italia dai tempi di Giulio Cesare.
Arnaldo Forlani, pesarese, fu costantemente rieletto alla Camera con la Democrazia Cristiana fino alla sua definitiva uscita dalla Politica.
Molto legato al Maceratese, era solito trascorrere con la famiglia le ferie agostane a San Ginesio. Fu proprio nella cittadina di Alberico Gentili che nel settembre del 1969 si strinse lo storico ‘Patto’ tra lui e Ciriaco De Mita. Una rivoluzione copernicana per la Dc che avrebbe di lì a poco segnato la fine della maggioranza dorotea aprendo la strada ai ‘quarantenni’.
Nel Maceratese se la Dc ciaffiana/demitiana era al potere nel capoluogo, l’intera provincia (con rare ma significative eccezioni come a Ussita, paese dell’on. Nicola Rinaldi) era nel nome di Forlani rappresentata dal sen. Rodolfo Tambroni che ne conduceva con mano fermamente paterna la segreteria politica, mentre a Recanati si consolidava l’astro dell’on. Franco Foschi.
Tambroni si dimise dal Senato a metà dell’85. Alle elezioni successive Forlani si presentò come (di consueto) capolista alla Camera e insieme al collegio senatoriale di Macerata (allora più sicuro della Camera), cui invece i demitiani volevano candidare un forte esponente nazionale del partito, nativo di Fabriano.
Il Grande Pesarese venne naturalmente eletto sia al Senato sia alla Camera, optando tuttavia Lui per quest’ultimo ramo del Parlamento.
Nel 92, Macerata vide poi Carlo Ballesi, suo ex sindaco, eletto a Palazzo Madama mentre in quell’anno segnato dalle stragi mafiose (vittime Falcone e Borsellino) Forlani fallì per 40 voti l’elezione a Presidente della Repubblica.
I ricordi del cronista sfumano nel corso di così lunga storia. Lo ricordo, presidente del Consiglio, insieme al Presidente Sandro Pertini nella visita in Prefettura a Macerata nell’81. Tempi anche quelli critici con il caso P2.
Lo ricordo alle ‘prime’ della Stagione lirica all’Arena Sferisterio. Una volta, rammento, esortato da Valeria Moriconi ad applaudire al termine di un atto che probabilmente l’aveva sorpreso nei suoi pensieri di timoniere/mediatore della Dc al solito in gran tempesta.
Ho inoltre memoria di Lui insieme con l’ing. Francesco Merloni all’inaugurazione della nuova sede Carifac in via Dante a Fabriano e ancora con Merloni a un’edizione della rassegna nazionale del tartufo ad Acqualagna, la cittadina natia di Enrico Mattei cui entrambi i due illustri politici marchigiani erano legati.
Alle numerose presentazioni dei miei libri sul fondatore dell’Eni tuttavia non aveva mai voluto prendere parte.
Probabilmente – questa la versione ufficiosa cui venni a conoscenza – perchè quella tragedia tanto grande aveva visto (secondo alcuni) nel 1962 la Dc, il suo partito, in uno scenario chiaroscuro.
A un convegno su Mattei, nel 2016 nell’Aula Magna dell’Università di Macerata, approfondendo il Codice di Camaldoli – così passato alla storia mentre cadeva il Fascismo – era però intervenuto autorevolmente il sen. Alessandro Forlani, il figlio maggiore.
Ultimo ricordo? La querela del sen. Rodolfo Tambroni al ‘Messaggero’, in particolare alla redazione di Macerata a quei tempi da me diretta, per aver riportato un pensiero dell’on. Rinaldi ritenuto troppo critico da parte dell’ex sottosegretario maceratese. A dimostrazione della crisi tra correnti interne.
Erano i giorni della mancata elezione di Forlani a Capo dello Stato e non mi parve, da frasi còlte, che tutti nella Dc maceratese ne fossero dispiaciuti.
Maurizio Verdenelli
Scrittore, giornalista professionista (ha lavorato con il Corriere della Sera, La Nazione, Il Messaggero)
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