Tra i palazzi del centro storico di Tolentino, precisamente all’interno della Biblioteca Filelfica, sorge una piccola chiesa: si tratta della Chiesa cristiana evangelica battista delle Marche.
La piccola comunità, nata nell’ottobre 2006, raccoglie alcuni nuclei familiari di origine italiana ed una variegata rappresentanza di uomini, donne, giovani e bambini di diverse nazionalità.
A guidare questo piccolo gregge, da oltre dieci anni, è il pastore Amado Luis Giuliani che ha voluto raccontarci la sua esperienza come ministro di culto.
Ma chi sono precisamente i battisti?
Il moderno movimento battista iniziò nell’Inghilterra del XVI Secolo. Nel 1607, per sfuggire alle persecuzioni, un gruppo guidato da John Smyth e Thomas Helwys lasciò l’isola, per imbarcarsi alla volta di Amsterdam, dove vigeva la libertà di religione.
Durante la loro permanenza in Olanda questi primi battisti ebbero contatti con i mennoniti, che pure avevano sviluppato la convinzione della base scritturistica del battesimo dei credenti. I mennoniti e altri furono accusati di “ribattezzare” e perciò furono chiamati anabattisti. Gli anabattisti respinsero l’accusa di ribattezzare perché non credevano che il battesimo amministrato ai bambini fosse il battesimo descritto nella Scrittura. Anche senza essere in rapporto diretto con questo movimento, i battisti considerano gli anabattisti come parte della loro storia spirituale.
In comune coi cristiani di tutto il mondo, i battisti si attengono alla fede apostolica come è espressa nel Credo apostolico.
La linea dottrinale dei battisti può essere schematizzata efficacemente in questa maniera: 1) l’essenza della fede cristiana è spirituale, personale e volontaria; 2) solo le Scritture sono divinamente ispirate e dotate di autorità; 3) la Chiesa si compone di credenti impegnati; 4) la salvezza è procurata mediante la Grazia ed è accessibile a tutti attraverso il pentimento e la fede; 5) tutti i credenti sono sacerdoti, senza altri intermediari che Cristo stesso; 6) le Scritture comandano di osservare due sacramenti: il battesimo e la Santa Cena; 7) il battesimo viene amministrato in modo corretto secondo il costume biblico d’immersione; 8) l’autorità della gestione della Chiesa è nelle mani della comunità; 9) la libertà religiosa rende il credente capace di rispondere alla guida dello Spirito Santo; 10) la separazione tra Chiesa e Stato garantisce nel modo migliore la libertà di coscienza per tutti i cittadini.
Pastore Amado Luis Giuliani, da oltre dieci anni è alla guida di questa piccola comunità di credenti. Da dove arriva la sua vocazione e soprattutto come ha risposto alla chiamata?
“Lo svolgimento del ministero pastorale è iniziato alla metà dell’anno 2013. In quegli anni la chiesa battista delle Marche era seguita da un pastore a ‘tempo parziale’ che teneva i culti una volta al mese.
Nel 2011 venni scelto dall’assemblea come anziano della chiesa e le mie mansioni consistevano nel sostituire il pastore durante la sua assenza portando avanti lo svolgimento delle sue funzioni.
Quando il sostegno pastorale terminò la chiesa si trovò senza un ministro di culto fisso. La comunità mi chiese di ricoprire l’incarico ma in un primo momento rifiutai perché sentivo il peso di una così grande responsabilità.
Ci recammo a Roma per chiedere aiuto e fummo accolti dall’allora presidente UCEBI, Raffaele Volpe, che propose di ricercare una soluzione interna alla nostra chiesa. Dopo aver messo nelle mani del Signore le mie preghiere e quelle dell’assemblea capì quale era la strada giusta da seguire.
Nel giugno del 2013 accettai l’incarico di pastore e chiesi all’assemblea di sostenermi, non solo spiritualmente ma anche in modo pratico, nello svolgimento dei compiti pastorali.
La chiesa si è impegnata con diligenza nel corso di tutti questi anni. Tanti fratelli e sorelle hanno messo a disposizione i talenti che il Signore elargisce ad ogni credente.
Iniziammo a gettare le basi per il futuro e la comunità che vediamo e viviamo oggi è il risultato di tutti quegli sforzi”.
Oltre ad essere un pastore battista lei è anche lavoratore, padre di cinque figli e marito. Come riesce a portare avanti tutti questi impegni?
“La Grazia di Dio rende possibile tutto ciò. In passato era difficile capitalizzare tutti gli impegni e mi sono trovato più volte a dovermi scusare con la chiesa per non riuscire a stare dietro a tutto.
Poi però nel corso del tempo le cose sono cambiate.
Nel 2018, durante un aggiornamento pastorale, portai una riflessione tratta dall’Epistola di S.Paolo ai Romani, e mi accorsi che essere padre, lavoratore e marito mi stava dando l’opportunità di compiere il ministero pastorale in un terreno più ampio. In questa maniera abbiamo l’opportunità di stare a contatto con coloro che non vivono una vita di fede come la nostra. In questo modo possiamo portare il Vangelo a chi non ha ancora sperimentato un vero incontro con Cristo.
La Scrittura ci insegna che la famiglia è la prima comunità da curare. Mia moglie Alessandra è un dono prezioso di Dio e mi ha sempre sostenuto con amore e autorevolezza, confortato e corretto quando necessario. Ho avuto l’immenso privilegio di vedere i miei figli crescere, maturare e servire all’interno della Chiesa. Il percorso di crescita ed educazione dei figli è molto simile a quello dei credenti che si avvicinano a Cristo. Vanno seguiti, confortati, sostenuti e se necessario anche ripresi con attenzione, amore e particolare premura.
In questo duro compito sono stato sorretto anche da tanti fratelli e sorelle che hanno servito con devozione nei vari ministeri”.
La vita di una comunità è scandita da momenti di gioia ma anche da momenti difficili. Come li avete affrontati?
“La chiesa ha attraversato dei momenti di difficoltà dovuti anche ad alcune mie crisi personali. Ci furono delle situazioni che mi fecero sentire impotente.
I momenti difficili sono quelli in cui non vengono capiti i nostri sentimenti e quando non riusciamo a dare una risposta congrua alle problematiche che si incontrano.
Ci sono stati anche dei piccoli conflitti che non si sono risolti come avremmo voluto.
In questi casi lo sbaglio più grande che possiamo commettere è quello di credere che dipende esclusivamente da noi dare una risposta che possa risolvere tutto. Dovremmo affidarci al Signore che è il primo a saperci indirizzare e ad aiutarci nel trovare le parole giuste.
Un altro momento che ha destato enorme smarrimento fu l’inizio della pandemia. Ci trovammo chiusi in casa, separati, senza poterci radunare insieme per lodare il Signore. Fu difficilissimo portare avanti la cura pastorale senza poter incontrare di persona i membri che necessitavano di assistenza spirituale. L’emergenza Covid ci ha mostrato le difficoltà che la distanza crea ma ha anche dato molti spunti alle chiese nell’operare in situazioni emergenziali.
Fummo costretti ad affidarci alle soluzioni tecnologiche per venire incontro alle problematiche di quel periodo che inizialmente ci trovò impreparati”.
La chiesa battista delle Marche è da sempre molto attiva nel tessuto sociale della regione. Quali sono state le iniziative più importanti che avete realizzato?
“La nostra piccola comunità è conosciuta come la ‘chiesa del fare’. Siamo stati capaci di presentare dei progetti di notevole importanza che hanno ricevuto molte approvazioni.
Nel 2016 sperimentammo sulla nostra pelle la catastrofe del terremoto. Nonostante la paura ci mettemmo subito in moto per venire incontro alle esigenze della popolazione.
Grazie alla provvidenza del Signore ricevemmo una mole di aiuti che mai avremmo potuto immaginare.
Si mobilitarono FCEI, UCEBI, Alleanza Battista Mondiale, la Chiesa Evangelica Tedesca, insieme a delle comunità ceche ed austriache. Diventammo il loro braccio operante nelle Marche ricevendo sostegno spirituale, tecnico ed economico. Riuscimmo a totalizzare la somma di 380.000 euro in donazioni a favore dei territori colpiti. Ci sentimmo utili e capaci nel dare sostegno alle scuole, alle case di riposo e alla cittadinanza in difficoltà.
Il pastore Luca Maria Negro (ex presidente FCEI) e le istituzioni furono sempre presenti accanto a noi. Sperimentammo la vera essenza dell’Evangelo che è quella di mettersi a disposizione dei nostri prossimi trovando gioia nel dare.
Altri progetti portati avanti negli ultimi anni sono stati realizzati anche grazie all’Otto per mille battista. Nel 2019, il nostro gruppo giovani ha organizzato un cineforum volto a sensibilizzare diverse problematiche che affliggono i loro coetanei.
Tra il 2020 ed il 2022 siamo venuti incontro alle famiglie messe in difficoltà dalla pandemia Covid. Questo è stato possibile anche grazie al sostegno fornito dai servizi sociali dei comuni dove operiamo.
Con l’aiuto del Signore abbiamo raggiunto dei traguardi straordinari”.
Come si deve preparare il pastore per affrontare questi tempi frenetici?
“Svolgere il servizio pastorale richiede un continuo aggiornamento teologico e spirituale.
Bisogna essere maturi spiritualmente per accompagnare la chiesa nei tempi che corrono.
La nostra è una chiesa giovane, dinamica e con il continuo desiderio di comunione fraterna e con Dio. Serve una continua maturazione spirituale che deve aiutarci a sfamare e dissetare coloro che hanno fame e sete di Dio.
La Parola di Dio è la nostra bussola che ci aiuta a muoverci nel marasma quotidiano e nel dare i contenuti alle nostre vite.
È una costante ricerca che ci permette di dare delle risposte a dei giovani preparati e con una mente predisposta per il Signore. Il ministero pastorale è un bell’esercizio perché ci aiuta a sperimentare i giusti metodi e a trovare le risposte migliori alle continue domande che comunità pone.
Questa è la gioia più grande perché il ministero pastorale si nutre del bisogno del nostro prossimo. E tutto ciò serve a renderlo più profondo”.
La chiesa battista delle Marche è stata impegnata sin dalla prima ora all’interno del movimento ecumenico. Da dove nasce la vostra esigenza di dialogo con le altre confessioni cristiane?
“Abbiamo sempre sentito il bisogno di dialogare e confrontarci con le altre realtà cristiane. Nel 2017 fu proprio la nostra chiesa ad ospitare il culto per la settimana di preghiera dell’unità dei cristiani.
L’esigenza dell’ecumenismo nasce dalla preghiera sacerdotale di Gesù. Essere uno, essere in dialogo ed essere nello Spirito non significa essere tutti uguali ma essere uniti nella diversità.
Secoli di divisioni hanno lacerato le nostre confessioni ed il cammino ecumenico ci aiuta a ritrovare la consapevolezza che abbiamo le stesse radici, ci nutriamo della stessa linfa e portiamo gli stessi frutti.
C’è il bisogno di imparare a conoscerci e rispettarci per rendere credibile la nostra missione. Non possiamo essere credenti veraci se vediamo altri fratelli e sorelle in Cristo come degli avversari”.
Quale potrebbe essere il versetto per riassumere questi dieci anni di pastorato?
“C’è un versetto in particolare che mi ha aiutato in tutta la mia vita di credente (ROMANI 8:28).
‘Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno’.
Tutte queste cose sono state necessarie alla mia crescita e mi hanno dato la consapevolezza che sono un uomo semplice con il grande desiderio di servire nonostante le mie imperfezioni”.
Cristiano Lambertucci
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