Lunedì 27 gennaio, ore 21 al Teatro Comunale di Urbisaglia, Maurizio Pincherle presenterà “Due medici ebrei sotto la persecuzione. Diari di guerra (1938-1945)”.
L’incontro, in occasione del Giorno della Memoria, è promosso da Comune di Urbisaglia, Casa della Memoria, ANPI e Biblioteca di Urbisaglia.
Uno dei due medici si chiamava Angelo Cameo ed era fratello di sua nonna. L’altro medico era suo nonno e si chiamava anche lui Maurizio Pincherle.
Direttore della clinica pediatrica universitaria dell’ospedale Gozzadini di Bologna dal 1924, Maurizio Pincherle era medico di fama internazionale e fondatore di una scuola di altissimo livello.
Si vide costretto a lasciare la cattedra, dopo l’entrata in vigore delle leggi razziali il 15 ottobre 1938, perché espulso dall’Università in quanto ebreo.
Il 21 gennaio 1940, il suo nome fu depennato dall’albo professionale dei medici. La sua scuola venne annientata, la sua opera scientifica azzerata.
Trovò ospitalità nel fabrianese, dove si nascose con la famiglia anche durante le deportazioni nazifasciste.
Le vicende amare e drammatiche di quegli anni sono state annotate dallo stesso Pincherle in alcuni quaderni che ricostruiscono i fatti più importanti che colpirono la sua famiglia, ma che rimandano inevitabilmente alle tante famiglie ebraiche che subirono la legislazione razziale.
Maurizio Pincherle nipote ha ereditato dal nonno, di cui tiene a raccontare la storia, la vocazione medica. Infatti nella sua carriera, tra i vari incarichi, è stato direttore a Macerata del reparto di Neuropsichiatria infantile.
Il breve, ma intenso periodo che si snoda tra le pagine dei diari inizia il 2 settembre 1938 quando il figlio Leo, docente di Fisica e allievo di Enrico Fermi, perse l’incarico di Fisica teoretica e Fisica matematica all’università di Padova: «2 settembre Leo telefona da Viserba – ore 14: sospeso dall’insegnamento…il razzismo sulle orme del nazismo… Le leggi razziali: i bambini esclusi dalle scuole ariane…» (p. 40).
Angelo Cameo era medico specializzato in dermatologia. Nel luglio ’40 il prefetto di La Spezia segnala Cameo come “ebreo dedito al disfattismo politico”, dopodiché parte la macchina dell’internamento.
Tutto prende inizio da un fatto particolare. Un amico e collega sta partendo per gli USA e Angelo gli scrive una cartolina con queste parole: “Salutami la statua della libertà”.
Essendo la posta sotto rigido controllo, l’OVRA scopre la scritta e lo punisce. A La Spezia, Cameo era molto benvoluto e quando viene convocato dalla polizia, il funzionario si dimostra piuttosto imbarazzato nel doverlo arrestare. Viene accompagnato da agenti al campo di internamento di Urbisaglia (nella foto in alto), prima sede della sua restrizione.
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